La città, fondata dagli abitanti di Sibari, era posta sulla riva destra del Laos, fiume che segnava il confine tra Lucani e i Bruttii…
l parco copre un'area di circa 60 ettari e costituisce sicuramente l'area di maggiore interesse storico-culturale dell'intero territorio dell'Alto Tirreno Cosentino .
La realizzazione del Parco Archeologico risale al 1994 a seguito delle ricerche archeologiche condotte dall'equipe italo-francese volte all'individuazione dell'impianto urbano e allo scavo di alcune case e fa parte di un più ampio progetto di recupero del comprensorio tra i fiumi Lao e Abatemarco.
In tale occasione l'area fu recintata, si restaurarono le strutture antiche, venne restaurato un edificio limitrofo adibito a piccola sede museale (Antiquarium) e ai servizi, si realizzò un apparato didattico e si rese visibile il tracciato viario antico mediante una staccionata lignea che delimita i percorsi di visita per il pubblico, ricalcando i limiti delle carreggiate delle strade.
Subito dopo l'ingresso a destra si trova un tratto della grande plateia (strada larga) nord/sud delimitata da muretti che creano due marciapiedi e due case che si affacciano su essa. La casa a sinistra (ad ovest) della strada è visibile solo nella sua parte frontale, mentre quella sulla destra (ad est) è scavata quasi integralmente, la cosiddetta casa della rampa .
La rampa che dà il nome alla casa fu realizzata nella prima fase, infatti con l'aggiunta dei marciapiedi essa sparì sotto terra, ed immette in un vestibolo attraversato dalla canaletta che veniva dal cortile; ai lati dell'ingresso erano due stanze (identificate come la residenza del guardiano); in quella a sinistra vi era probabilmente uno scaffale, visto il gran numero di vasi per bere qui rinvenuti, mentre quella a destra, preceduta da due piccoli vani conserva in situ i resti di un pithos (giara usata per conservare derrate alimentari).
L'atrio ben vasto è circondato sui tre lati da ambienti; difficile da definire ad oggi la funzione degli ambienti sul lato sud, mentre a nord (cioè a sinistra guardando spalle verso l'ingresso) si trova un'ampia sala (forse tablinium, stanza di rappresentanza) in una posizione non in asse con l'ingresso, divisa in due da un muro di tramezzo;
il vano a sinistra è pavimentato con coccio pesto senza malta (la pavimentazione appartiene ad una seconda fase) ed ha nel muro nord un'apertura attraversata da un tubo di terracotta che scarica in una vasca di pietra sulla strada adiacente;
nel vano est, invece una serie di lastre disposte a coltello ci fanno pensare al sostegno di una trapeza(tavola) di legno.
Sul lato est del cortile, di fronte all'ingresso un vano rettangolare aperto verso sud con un altarino incastrato nella parete settentrionale aveva funzione di luogo di culto domestico; qui, subito accanto troviamo un vano scala che portava al piano superiore di legno, coperto, come si può capire dalla canaletta presente ai piedi del muro a blocchi che delimita questo lato del cortile.
Sul lato sud-est della casa si trovava un grande magazzino (non più visibile ora) con numerosi pithoi per le derrate.
Riprendendo la strada ne percorriamo una parte fino ad arrivare all'incrocio con una strada minore (larga 5 m) che va in direzione est/ovest.
Il tratto a monte di tale strada è pavimentato con grossi ciottoli di fiume, mentre quello a valle aveva il fondo sterrato ma tenuto da briglie di conglomerato in asse con i muri divisori delle case che guardano su questa parte di strada.
All'incrocio troviamo una struttura di non facile lettura, che sembra tipologicamente ripetere l'assetto di una abitazione con grande cortile e stanze situate intorno.
Nell'ambiente posto all'incrocio furono rinvenuti i tondelli di bronzo non coniati che indicano l'attività in loco di un atelier monetale. Per questa ragione fu chiamata casa della zecca , ma non è esclusa una funzione pubblica dell'edificio come anche va considerata l'ipotesi che la coniazione poteva essere effettuata nell'abitazione privata del magistrato monetiere in carica, la cui esistenza si ricava dalle firme leggibili sulle monete della fase più recente di un magistrato (monetiere) che sorvegliava la coniazione per la comunità apponendo il suo nome.
Dall'altra parte della strada andando verso nord, troviamo la casa con la fornace .
Questa struttura ripete planimetricamente quella delle case precedenti tranne due aspetti: il primo riguarda la presenza di un ampio hortus (giardino) sul retro rispetto al lato principale che si affaccia sulla grande strada nord/sud, il secondo riguarda le trasformazioni edilizie note della dimora, che insieme ad un complessivo cattivo stato di conservazione rendono difficile la lettura della pianta. Notiamo la trasformazione di un ambiente decorato a mosaico (rarissime le tessere ritrovate) trasformato in cortile con aggiunta della piccola fornace destinata alla produzione domestica di vasellame d'uso quotidiano.
Ancor più a Nord troviamo l'ultima grande abitazione, la casa delle botteghe o quartiere artigianale.
Di questa casa è conservata solo la parte più orientale mentre le arature profonde hanno asportato completamente la parte restante. Da notare è l'elemento divisorio tra la casa precedente e questa costituito da una fogna larga poco meno di 1 m ed il piccolo vano situato nell'anolo sud-est adibito ai servizi igienici (un tubo di terracotta ritrovato scaricava direttamente nella fogna).
Sul lato est della casa un grande cortile è chiuso da un vano-magazzino lungo circa 20 m e largo 4 m da cui si poteva accedere alle botteghe disposte lungo il marciapiede, nelle quali abbiamo rinvenuto circa 10 pithoi (solo fondi nel terreno) alcuni restaurati con piombo.
Come si vede la maggior parte degli edifici è costituito da abitazioni private organizzate intorno ad un cortile aperto, i vani, di ampiezza diversa, si dispongono intorno. Per la costruzione sono adoperati ciottoli di fiume sgrossati e regolarizzati da ricorsi di tegole e mattoni.
E' nota anche una parte di un edifico pubblico, costruito in blocchi di arenaria locale, è un portico orientato in modo concorde agli altri edifici privati. Il tetto era decorato da tegole di gronda con un volto di sileno a rilievo. La costruzione del portico si può fissare alla fine del IV secolo.
I ritrovamenti mobili si riferiscono sostanzialmente ad oggetti d'uso quotidiano (recipienti di argilla grezza; anfore; recipienti da cucina), a strumenti di lavoro (pesi da telaio; ami da pesca) e ad arredi delle abitazioni anche decorati (lucerne) e numerose monete.
Si capisce quindi l'importanza della struttura urbanistica e delle case di Laos per una serie di motivi precisi :
• sono architetture domestiche databili tra il 330 ed il 200 a.C. che non hanno subito alterazioni successive e perciò di grandissimo valore storico e documentario;
• le dimensioni delle abitazioni indagate finora sono di circa 700 mq.;
• la presenza di magazzini per derrate destinati al consumo familiare ma anche alla vendita (casa delle botteghe) fanno pensare ad un sistema economico sostanzialmente a base agraria dell'aristocrazia locale;
• la presenza di una zecca monetale fa pensare ad un sistema economico-sociale ben sviluppato e solido, ma ancora tutto da approfondire ed indagare.
La ricerca futura oltre ad indagare meglio gli aspetti architettonici delle abitazioni e dei rapporti urbanistici dell'insediamento di Laos, dovrebbe puntare ad una indagine più puntuale e precisa del territorio circostante, cercando di far conoscere meglio il rapporto tra la città e la campagna.