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Morano Calabro - Borgo - Chiese - Monumenti

Morano Calabro è un comune  di 4.608 abitanti situato nella zona settentrionale della provincia di Cosenza, confinante a nord con i comuni di Rotonda,Viggianello e Chiaromonte, ad est con Castrovillari, a sud con Saracena e San Basile ed a ovest con Mormanno.
La sua posizione strategica nell'alta valle del fiume Coscile (antico Sybaris) alle pendici del massiccio del Pollino, ha contribuito al suo sviluppo in epoca greco-romana ed al suo splendore in epoca medievale e rinascimentale sotto il feudo dei Sanseverino.
Dal 2003 fa parte del circuito dei I borghi più belli d'Italia, Bandiera Arancione del Touring Club Italiano, il suo nome è stato inserito nella lista delle destinazioni europee del Progetto EDEN della Commissione europea.
Oggi è uno dei principali centri del Parco nazionale del Pollino.
Morano Calabro si trova in una verde zona collinare della valle del fiume Coscile, nei pressi del confine con laBasilicata. Il suo territorio è caratterizzato da rilievi in larga parte della sua superficie, particolarmente accentuati nei versanti posti a nord e a nord-ovest. Un'ampia conca semipianeggiante intervallata da colline si situa a partire dalle adiacenze suburbane del centro abitato: essa è fiancheggiata ad ovest dal borgo sul Colle di Morano e dalle pendici del monte Calcinaia a sud, a nord dal Monte Pollino (2.248 m.), dalla Serra del Dolcedorme (2.267 m.) e dalla Serra del Prete (2.181 m.), sul versante ionico dai monti Sant'Angelo e Monzone, in quello tirrenico dalla pietrosa scoscesa che conduce al Valico di Campotenese. Il pianoro in cui sorge appunto Campotenese, vista l'altezza in cui si situa, ha già caratteri prettamente montani e costituisce il naturale sbocco di accesso alla catena del Pollino che si sviluppa orizzontalmente rispetto ai due versanti calabri: quindi esso separa, per via della sua posizione intermedia, la catena suddetta dai monti di Orsomarso. Il territorio in cui è sito il centro appartiene infatti al complesso montuoso di Orsomarso e Verbicaro, sebbene il territorio comunale si espanda come già detto anche nord, lambendo il crinale della catena del Pollino, e ad ovest costeggiando Mormanno e il monte Timpone del Vaccaro (1.436 m.). La superficie comunale è pari complessivamente a 112,34 km², ed compresa fra i 424 ed i 2.225 m.s.l.m., con una escursione altimetrica pari a 1.801 m.
La singolare conformazione pedologica della zona del Pollino, nonché la differenza di altitudine che si riscontra, contribuiscono alla caratterizzazione del territorio. Si evidenzia infatti un suolo di tipo collinare e montano, con formazioni sedimentarie e vulcaniche e spesso con un substrato calcareo e carsico in particolare nelle doline d'alta quota dove si alternano a zone brulle o radure, aree fitte di vegetazione e riaffioramenti rocciosi, in particolare lungo le gole. Concernentemente all'utilizzo delle risorse del suolo, in linea meramente macroscopica esso è sfruttato per colture agricole al 27,02 % della sua estensione totale, mentre le aree boschive e gli ambienti semi naturali coprono il 72,37 %: appare quindi evidente che le zone artificiali, ovvero la superficie comunale comprendente l'area urbanizzata e industriale costituisce il restante 0,62 %, pari a 69,64 Ha. L'area boschiva in particolare appare assai vasta: oltre al già citato piano diCampotenese e le sue estese aree limitrofe, ricordiamo il piano di Ruggio, i boschi del Monaco, di Pollinello e della Principessa.[4] Le zone boschive sono così suddivise: 12 % boschi misti, 9 % boschi di latifoglie, 27 % di conifere, mentre al pascolo naturale e alle praterie in quota è riservato il 18 % della superficie.
Lo sfruttamento delle aree agricole è praticato tradizionalmente nel territorio in quanto esso rappresentava e rappresenta ancora oggi, una delle principali fonti produttive. Le colture che quindi sopravvivono, sono in larga parte quelle tradizionali, le quali tuttavia sono conservate e praticate nelle sedi e nei luoghi consueti; ciò si deve in buona parte all'estrema pendenza dei versanti montuosi e alla presenza di aree boschive e di alta montagna che sovente le differenzia anche nelle tipologie, sebbene il rapporto fra la superficie agricola totale e quella realmente utilizzata non sia uguale. Le colture sono prevalentemente seminative in aree non irrigue (13 %), mentre le colture agrarie con spazi naturali coprono circa il 6 %; le colture promiscue oliveti e vigneti coprono l'1 %, esse si accompagnano sovente anche alle colture annuali e stagionali (7 %)[5]. Il divario di altitudine comporta che all'interno del territorio vi siano varie specie arboree e animali che si alternano man mano che si procede verso i punti più in quota. Nella fascia tipica della zona collinare e pedemontana, troviamo vari alberi quali ad esempio l'olmo, il gelso bianco e il gelso nero, il cerro, l'olivo, la roverella, il leccio, l'ontano e il pioppo; alle quote più alte invece, oltre al faggio, al pino nero, al carpino e l'acero campestre, incontriamo l'abete bianco e soprattutto il pino loricato, specie rarissima presente sulle più alte pendici dei monti. La fauna si popola di tassi, volpi, cinghiali, vi è anche il lupo appenninico, ma negli ambienti acquatici più incontaminati è presente la lontra; non mancano fra gli uccelli il nibbio reale[6].
Grotte di San Paolo
Sorgono a pochi chilometri dal centro abitato nella contrada omonima. Esplorate dall'ottobre 1980, la loro conformazione è assai articolata ed interessante sotto un profilo speleologico. Sono infatti ricche di concrezioni calcaree, stalattiti e da esili filamenti coralliformi. Si sviluppano per 245 metri con un dislivello di 41; sorgono sul versante meridionale del monte Cappellazzo a circa 682 m.s.l.m. con tre ingressi, stratificati nei calcari mesozoici, i quali sboccano in un pozzo franoso dalla profondità di circa 20 m. dai quali si accede ad una serie di caverne ed una grande sala centrale. Praticabili solo da esperti speleologi, non sono valicabili nella totalità della loro estensione per via di un torrente sotterraneo che le attraversa
Assetto urbano
L'antico nucleo del centro urbano si trova arroccato su di un colle di forma conica alto 694 metri s.l.m. alla cui sommità si trovano i ruderi di un antico maniero di epoca Normanno-Sveva. L'abitato si sviluppa degradando dalla sommità alla base del colle e creando una suggestiva illusione prospettica per cui le abitazioni paiono essere attaccate le une alle altre. Tale assetto urbano si fa risalire all'epoca romana e medievale: è infatti accertato che l'odierno castello, potrebbe ricalcare un più antico fortilizio difensivo di Epoca Romana.
Nelle epoche successive, l'abitato si è esteso modellandosi sulla struttura del colle fino a sfociare verso i primi del Settecento, nel quartiere di via vigna della Signora, anticamente definito lo burgo, fuori dalla cinta muraria.
A seguito delle varie mutazioni socio-economiche del secolo scorso, nella seconda metà degli anni sessanta ebbe inizio una fase di ampliamento verso il pianoro prospiciente l'antico nucleo cittadino, dove oggi sorgono nuovi moderni edifici.
Sull'origine del nome del borgo non si hanno precise testimonianze storiche, si sono invece ipotizzate incerte e contrastanti teorie. Nel corso degli anni sono state fatte bizzarre congetture, quale ad esempio l'erronea supposizione che il nome "Morano" derivi dal fatto che sia stato fondato o abitato dai "mori": questa tesi appare inverosimile, dato che il toponimo è già attestato nel II secolo a.C. Analoghe teorie volevano che il nome derivasse dalla coltivazione dei gelsi mori che abbondano nell'agro circostante: anche in questo caso esse vengono considerate infondate, visto che dette coltivazioni sono state impiantate posteriormente all'epoca romana. Secondo la tesi dello storico Gaetano Scorza, secondo il quale Morano avrebbe origini magno-greche, è plausibile ritenere che il suo nome derivi dal verbo greco μερυω, cioè "raccogliere insieme, cumulare"[11], con riferimento alla singolare struttura urbana, dove gli edifici paiono essere gli uni attaccati agli altri. Anche quest'ultima supposizione appare discutibile, visto che il borgo ha assunto questo assetto posteriormente.
Il nome Morano, o Muranum in latino, pone chiara luce sulla sua fondazione romana e riapre la questione sull'origine deltoponimo, giustificando un'ipotesi più verosimile ma non provata da documenti storici. Poiché il suffisso latino -anum indica solitamente vasti fondi e proprietà di una famiglia importante della zona, nel nostro caso si tratterebbe di un antroponimoMurus o Murrus.[12]
L'appellativo Calabro venne aggiunto con un decreto di Vittorio Emanuele II del giugno 1863, per distinguerlo da Morano sul Po.
"Muranum" in epoca romana
Morano Calabro fu certamente fondata dai romani, come già detto, intorno al II secolo a.C. La prima traccia significativa del borgo che incontriamo, è infatti nel toponimo latino "Muranum", comparso per la prima volta in una pietra miliare del II secolo a.C., la cosiddetta Lapis Pollae (o lapide di Polla). Muranum risulta essere stazione della Via Capua-Rhegium, antica strada consolare romana, comunemente denominata via Annia-Popilia. Successivamente, lo ritroviamo con il nome di"Summuranum" nel cosiddetto Itinerario di Antonino (III secolo d.C.) e nella Tabula Peutingeriana (III secolo d.C.).
In epoca altomedievale, durante le incursioni saracene del IX secolo, venne combattuta fra saraceni e moranesi una battaglia che vide vittoriosi questi ultimi, la c. d. "battaglia di Petrafòcu". Oggi, viene annualmente ricordata come simbolo dell'indipendenza cittadina in una annuale rievocazione storica, la Festa della bandiera, oltre che iconograficamente nello stemma della città.
Nell'età medievale il borgo fu per un certo tempo libero comune[13], divenne in seguito feudo di Apollonio Morano, dei Fasanella, di Antonello Fuscaldo e nel XIV secolo passò infine ai Sanseverino di Bisignano.
Questa nobile famiglia si sentì molto legata al borgo, lasciando numerose e preziose tracce storico-artistiche, testimonianza del loro mecenatismo, quali ad esempio la fondazione votiva del Monastero di San Bernardino da Siena patrono della città (1452), e dell'ampliamento del castello (1515). A prova del costante legame con i suoi domini, il principe Pietrantonio Sanseverino, maggior esponente della famiglia, accordò numerose concessioni, grazie al celebre atto Capitoli e Grazie, ratificatonella città di Morano il 1º agosto 1530[14], inoltre suo figlio Niccolò Bernardino (ricordato per gli orti botanici sanseverini di Napoli), vi nacque nel 1541 ed al quale fu dato come secondo nome quello del santo patrono, quasi a suggellarne il legame.
Nel 1614 il feudo venne quindi ceduto agli Spinelli principi di Scalea, fino al 1806, anno di eversione dal feudalesimo. Il borgo seguì successivamente le sorti de lRegno delle due Sicilie e del nascente Regno d'Italia.
Fenomeno migratorio
Una nota particolare merita il grande flusso migratorio che ha interessato il borgo fra l'ultimo ventennio del XIX secolo ed i primi del '900, così come è attestato da un drastico calo demografico. Gli abitanti censiti nel 1881 sfioravano le 10.000 unità, mentre nel 1901, dopo vent'anni, erano 6.596. Gran parte di questi flussi erano indirizzati all'estero, in particolar modo verso i paesi dell'America Latina. All'inizio degli anni ottanta, il comune di Morano Calabro si è gemellato con la città di Porto Alegre in Brasile, per l'alta concentrazione di moranesi, stimati intorno alle quindicimila unità.
Il Castello Normanno-Svevo
Appare in ruderi sulla sommità dell'abitato in posizione strategica da dominare tutta la valle dell'antico fiume Sybaris. Le sue origini risalgono all'epoca romana quando vi fu eretto un fortilizio utilizzato come base per l'attuale castello, edificato nel suo nucleo originario in epoca Normanno-Sveva.
Venne in seguito ampliato nel primo quarantennio del Cinquecento per volere del feudatario Pietrantonio Sanseverino che, nel compiere i lavori volle ispirarsi al modello del Maschio Angioino che sorge in Napoli. Il Castello, era dunque la residenza del feudatario in Morano, insieme al Palazzo dei Prìncipi che sorge all'ingresso del borgo accanto alla porta sull'antica via delle Calabrie.
Chiesa dei Santi Apostoli Pietro e Paolo
Architettura
Sorge sulla sommità dell'abitato nei pressi del Castello Normanno-Svevo. La sua fondazione si fa risalire intorno all'anno mille (probabilmente al 1007), sebbene abbiano inciso sulla sua architettura interventi di epoche successive: fa però eccezione il campanile in pianta quadrangolare, costruito in epoca medievale ed in posizione visibilmente arretrata rispetto alla chiesa. La facciata è essenziale nella sua struttura "a capanna" con le falde laterali ribassate e sormontata nel timpanoda una nicchia con la statua di San Pietro di periodo angioino. L'interno in tre navate a pianta basilicale è decorato da delicati stucchi tardo-barocchi (seconda metà del secolo XVIII) recentemente restaurato.
Opere d'Arte
Pregevolissime opere d'arte vi sono custodite e vanno dal XV secolo ai primi decenni dell''800. Al XV secolo appartengono un sarcofago in bassorilievo appartenente alla famiglia Fasanella (feudatari del borgo fino alla prima metà del '400); un affresco raffigurante la Vergine delle Grazie e proveniente dall'omonima cappella extra moenia; una Croce Processionale in argento di Antonello de Saxonia del 1445. Risalgono poi al XVI secolo quattro statue in marmo di Carrara eseguite da Pietro Bernini, padre di Gian Lorenzo, scultore toscano attivo in Napoli fra la seconda metà del '500 e la prima metà del '600. Le statue raffigurano: Santa Caterina d'Alessandria e Santa Lucia del 1592, San Pietro e San Paolo del 1602. Sono del medesimo periodo altre opere: la Candelora, statua appartenente probabilmente a Giovan Pietro Cerchiaro; un San Carlo Borromeo di Ignoto di scuola napoletana posto su un ricco altare (1654) in marmo di Carrara; un Compianto sul Cristo mortoe due tele raffiguranti i Santi Pietro e Paolo del Pomarancio, anticamente formanti un trittico, appositamente commissionate dall'Università di Morano per la congregazione di Santa Maria della Pietà. Importante è la presenza di due pale d'altare del seicento: l'adorazione dei pastori e la Madonna in trono col Bambinello e quattro Santi, attribuite al calabrese Giovan Battista Colimodio (1666). Della seconda metà del XVIII secolo è il Coro realizzato fra il 1792 e il 1805, capolavoro in stile rococò di Mario ed Agostino Fusco. Pregevolissimo, ubicato attualmente sul lato sinistro della balaustra, un organo portatile del Settecento, decorato, da restaurare.
Collegiata di Santa Maria Maddalena
Architettura
L'antico nucleo dell'edificio religioso sorgeva al di fuori della cinta muraria medievale come piccola cappellasuburbana del 1097. Visti i limiti architettonici che offriva questa precedente struttura e per agevolare il cresciuto numero di fedeli che si spartivano nelle tre parrocchie cittadine, venne ampliata in pianta a croce latina a trenavate per volere dell'allora prevosto don Giuseppe La Pilosella nella seconda metà del XVI secolo. Più volte rimaneggiata fino alla prima metà del XVIII secolo, assunse il titolo di Collegiata il 3 febbraio 1737 con bolla dipapa Clemente XII. Nel 1732 cominciarono ulteriori lavori di restauro, nel corso dei quali splendide decorazionitardo barocche commissionate a Donato Sarnicola conferiscono all'interno un aspetto maestoso, da far ritenere che essa sia uno degli esempi più alti del barocco calabrese.
Il campanile (1817) e la cupola (1794) furono rivestiti di caratteristiche maioliche in stile campano di colore giallo e verde nel 1862.
La facciata invece, fu completata negli anni 40' del XIX secolo in stile neoclassico. Essa è ripartita in due livelli divisi da una cornice marcapiano costituita da triglifi e metope con simbologie classicheggianti. Il livello inferiore abbraccia le tre navate su cui si affacciano i tre portali della chiesa, suddivisi da sei paraste doriche; il livello superiore si innalza dagli spioventi laterali coprendo la sola navata centrale, mentre il frontone reca in fregio lo stemma della famiglia Spinelli retto da quattro paraste ioniche contornate negli spazi da ghirlande.[16]
Oggi l'edificio religioso conserva la pianta originaria in croce latina: nelle navate laterali si trovano cinque cappelle per lato e sono divise in campate sormontate da piccole cupole, mentre la navata centrale ha volta a botte su cui si affacciano dieci finestre unghiate.
Il Polittico di Bartolomeo Vivarini
L'opera fu realizzata nel 1477 dal pittore veneto Bartolomeo Vivarini su apposita commissione del feudatario Geronimo Sanseverino, oppure secondo alcuni del vescovo Rutilio Zenone, per il cittadinoMonastero di San Bernardino da Siena. Dopo vari tentativi di trafugamento e un accurato restauro, dal 1995 il polittico è custodito presso la cappella di San Silvestro, nella sagrestia della Collegiata della Maddalena.
Vi si trovano raffigurati: sul pilastrino di sinistra (cm.50 per 24), San Giovanni Battista, San Nicola di Bari e Santa Caterina d'Alessandria; su quello di destra, di identiche dimensioni, San Gerolamo,Sant'Ambrogio e Santa Chiara d’Assisi. Al centro, in uno spazio di cm 54 per 147, è collocata in trono la Vergine Maria con ilBambinello. Ai lati troviamo San Francesco d'Assisi (a sinistra) eSan Bernardino da Siena (a destra). In alto, in un riquadro di cm 69 per 55, è raffigurato un penetrante Cristo Passo, fra Sant'Antonio di Padova (a sinistra) e San Ludovico da Tolosa (a destra) in uno spazio complessivo di cm 135 per 40. La predella, forma una base di 20 per 260 cm: il Cristo benedicente fa ala ai dodici apostoli.
Le icone ivi rappresentate hanno una chiara relazione con l'ordine dei Minori Osservanti che tennero il monastero fino alla sua soppressione. Ciò è rintracciabile dalla presenza delle figure dei fondatori dell'ordine francescano (Francesco d'Assisi, Antonio da Padova e Ludovico da Tolosa), oltre a quella del titolare San Bernardino. Inoltre, la posizione centrale della Vergine, sovrastata dall'icona del Cristo morto, è una successione insolita da un punto di vista iconografico, ma evidenzia nella sua struttura il ruolo centrale di Maria quale Regina Coeli, quindi di mediatrice dell'intercessione presso il figlio. È questa, una delle più consuete tematiche della predicazione di san Bernardino, il cui riferimento nell'opera appare evidentissimo.
Opera fra le più rappresentative del Vivarini, è l'unica testimonianza dell'artista veneto in Calabria insieme con un trittico custodito nella chiesa di San Giorgio a Zumpano ed eseguito nel 1480. Il polittico di Morano appartiene alla maturità del Vivarini, e con particolare riguardo alle sue opere precedenti, risente dell'influsso della pittura di Giovanni Bellini e, in alcuni particolari - come il delicato panneggio dei veli della Vergine e della sua postura in trono o nell'equilibrio dei volumi - dell'influsso di Antonello da Messina


Opere d’arte
All'interno sono conservate pregevoli opere d'arte. Appartengono alla scuola di Pietro Bernini unciborio e due angeli oranti posti alle estremità dell'altar maggiore, mentre è del celebre scultore delrinascimento meridionale Antonello Gagini la Madonna degl'Angioli (1505) proveniente dal cittadino monastero di San Bernardino ed ora posta nella nicchia sull'altare laterale del transetto destro. Sono presenti alcune pale d'altare di scuola napoletana del Settecento; fra gli autori e le opere di maggior riguardo ricordiamo: Francesco Lopez, L'immacolata (1747), L'Addolorata, san Giovanni Battista e alcuni santi (1748) ed alcuni bozzetti e pale d'altare attribuitegli; famiglia Sarnelli, Miracolo di San Francesco di Sales (1747), L'incoronazione della Vergine (1747) e la Madonna del Rosario e alcuni Santi; Giuseppe Tomajoli, Morte di San Giuseppe (1742) e un San Giovannino dello stesso periodo; ed infine, del pittore moranese Lo Tufo La Vergine fra i santi Silvestro e Giovanni Battista(1763) e Le anime del Purgatorio. Splendide opere lignee adornano la collegiata: il coro (1792), ilpulpito ed alcuni stipi sacri realizzati fra la fine del Settecento ed i primi anni dell'Ottocento da Mario ed Agostino Fusco. Sopra il coro posto nell'abside poligonale, si staglia un fastigio di marmipolicromi con tre nicchie sormontate da un timpano sorretto da colonne: si ritiene provenga dal monastero di Colloreto, è dei primi del secolo XVII e vi sono collocate le statue di Sant'Agostino eSanta Monica con al centro Maria Maddalena orante, attribuita a Cosimo Fanzago o al Naccherino, cui fanno ala due puttini dello stesso periodo.
Sagrestia
Molto interessante è la sagrestia con uno splendido soffitto a cassettoni di manifattura locale di epoca tardo cinquecentesca appartenente all'antico corredo sacro dell'edificio. Sulla destra una custodia per oli sacri in marmo del '500. Sono custodite nella Collegiata numerose reliquie di santi, fra cui una pietra del Santo Sepolcro e un'orma del sandalo che S. Francesco da Paola lasciò su una roccia del monte Sant'Angelo nell'atto di benedire la Calabria prima di recarsi in Francia.
Chiesa di San Nicola di Bari[modifica | modifica sorgente]
Si trova nel cuore del centro storico e si mostra ai piedi del colle dove sorge il borgo solo sul suo fianco destro. L'ingresso è situato nell'intricato susseguirsi di vicoli del quartiere Giudea, sulla piazzatta da cui prende il nome, nei pressi della più antica fontana moranese e dell'antico seggio cittadino dell'Universitas che in questa chiesa aveva appunto il suo patronato. La facciata è semplice, con ai piedi un portale a sesto acuto, con l'archivolto in muratura sul quale si trova rappresentato un affresco raffigurante San Nicola.
L'edificio religioso si sviluppa in due piani sovrapposti, di cui una cripta seminterrata. Il piano inferiore dedicato a Santa Maria delle Grazie, risale all'epoca altomedievale, ed è considerato fra le costruzioni più antiche del paese: fra le opere d'arte custodite si annoverano, un giudizio universalein olio su tela di Angelo Galtieri (1737), alcune statue lignee e tele del Seicento e nella sagrestia, unEspositorio in argento fuso sbalzato e cesellato del XVIII secolo, corone di santi della seconda metà del secolo XVIII e del terzo decennio del XIX secolo, calici in argento fuso del XVII secolo, unreliquiario del XVI secolo ed una piccola scultura in alabastro dorato del secolo XVI raffigurante laMadonna del Buon Consiglio.
Il piano superiore, in navata unica, è stato edificato negli anni intorno al 1450, ma venne rimaneggiato in epoca barocca. Oggi delle architetture quattrocentesche non rimane traccia se non nel succitato portale d'ingresso, ma si ha ragione di credere che l'interno fosse simile a quello del monastero di San Bernardino, con soffitto in legno ed arco a sesto acuto che dominava l'altar maggiore, così come ritiene lo storico Salmena. Fra le opere d'arte custodite nella chiesa, meritano particolare attenzione un dipinto di Pedro Torres del 1598 Madonna tra Santa Lucia e Santa Caterina d'Alessandria, un crocifisso ligneo di Ignoto del secolo XVI, uno splendido confessionale del Frunzi (1795), una Annunciazione del 1735 di Angelo Galtieri, altre pale d'altare coeve ed un coro di Agostino Fusco del 1779.
Chiesa e Monastero di San Bernardino da Siena
Storia ed Architettura
Il complesso monastico di San Bernardino, in stile tardo gotico, è uno dei migliori esempi di architettura francescana del '400 che si possano rintracciare nell'intera Calabria. Ciò si deve al fatto che sia stato costruito ex novo nella metà del XV secolo, ed attraverso un accurato restauro, si è giunti al completo recupero di quasi tutti gli elementi originari: per tali ragioni, oggi può rappresentare un paradigma dell'arte monastica calabrese del periodo.[18]
La fondazione, si ebbe ufficialmente grazie all'interessamento del principe Pietrantonio Sanseverino, e venne sancita da una bolla di Niccolò V del 31 maggio 1452 con la quale si dava l'autorizzazione all'inizio dei lavori. I motivi che concorsero alla costruzione dell'edificio si fanno risalire a due fattori: principalmente, alla munificenza della famiglia Sanseverino, che voleva dotare di un'opera prestigiosa uno dei principali centri dei loro vasti possedimenti, come dimostra tra l'altro la commissione del Polittico del Vivarini(1477) per la suddetta chiesa; in secondo luogo, si deve allo stretto legame che in quegli anni la monarchia aragonese stava tessendo con l'Ordine dei minori osservanti, il quale ebbe successivamente la titolarità del monastero. I lavori si protrassero per oltre un trentennio e la consacrazione avvenne il 23 aprile 1485 dal vescovo di San Marco Argentano Rutilio Zenone.
La chiesa occupa l'intero fianco destro del complesso: l'interno è costituito da una grande navata centrale, sul fondo divisa dal presbiterio attraverso un grandiosoarco a sesto acuto; lungo l'intero lato destro della navata centrale si trovano tre arcate, anch'esse a sesto acuto, che conducono in una piccola navatella laterale ripartita in due ambienti. L'esterno, è abbastanza omogeneo con la sobrietà degli interni, così come può essere ritenuto tipico degli ideali pauperistici francescani. La facciata, è occupata centralmente da una monofora ripresa stilisticamente dalle altre, poste ai lati della navata. All'ingresso è anteposto un portico formato da cinque arcate in muratura a tutto sesto, sulle cui pareti perimetrali interne appaiono tracce di affreschi risalenti agli inizi del XVI secolo. Al disotto di questi ultimi, si affaccia il portale d'accesso alla chiesa in pietra tufacea a sesto acuto, ed un secondo di minori dimensioni sul lato sinistro, con arco ribassato, che immette nel chiostro dell'attiguo monastero.[19]
Ventiquattro colonne di forma ottagonale in tufo sorreggono le arcate dell'arioso chiostro del monastero, dove restano tracce di affreschi realizzati fra il 1538 ed il1738 e rappresentanti la vita di san Francesco.
L'edificio, è stato protagonista di una storia travagliata, in particolare dovuta a numerosi atti di rimaneggiamento (1717) in epoca barocca, ed all'abbandono nel 1811a seguito dello scioglimento degli ordini monastici durante il periodo napoleonico. Così come toccò in sorte a molti edifici religiosi, il monastero venne adibito nel1843 a seminario estivo e quindi ospitò i locali delle scuole pubbliche, i cui interventi architettonici, come la muratura del portico, furono deleteri per la struttura. Alcuni locali furono adibiti a deposito di legname e nel 1898 un violento incendio distrusse buona parte dell'ala est, rimasta diruta fino ai decenni scorsi. Un grande intervento di restauro attuato negli anni anni cinquanta a cura del professor Gisberto Martelli, ripristinò la chiesa ed il portico allo stato originario, mentre il monastero fu recuperato nei decenni successivi ed oggi è divenuto un complesso polifunzionale.
Opere d'Arte
Il soffitto della navata centrale della chiesa è in legno lavorato a quadri carenato alla veneziana. Sotto l'arco santo che sovrasta l'altar maggiore è posizionato uncrocefisso del XV secolo ad opera di Ignoto meridionale dai connotati fortemente drammatico-realistici, sotto cui campeggia la emblematica scritta "Hic me solus amor non mea culpa tenet"; ai piedi del crocifisso era posizionato il già citato Polittico del Vivarini ora rimosso, ed in alto a sinistra, domina la navata uno splendido pulpito con baldacchino del 1611 con decorazioni di gusto classicheggiante e raffigurazioni in bassorilievo di alcuni santi. Appartiene al corredo sacro un coro ligneo datato1656 ed un leggio del 1538 posto nell'abside e recentemente restaurato.
Altri edifici storici e religiosi
Convento dei Cappuccini
Costruito fra il 1590 ed il 1606, il monastero dei Cappuccini è una struttura semplice ed essenziale come nello stile francescano. Soppresso in epoca napoleonica(1806), venne riaperto al culto a metà ottocento.
La chiesa – dedicata a santa Maria degli Angeli – presenta una navata con cappelle sul fianco destro; queste ultime sono decorate da ricchi altari lignei intarsiati alla cappuccina e risalenti al secolo XVIII. L'altar maggiore (con splendido ciborio e paliotto con tarsie di madreperla), è sovrastato da una tela seicentesca di Ippolito Borghese raffigurante S. Francesco d'Assisi, la Vergine in trono ed alcuni santi. Il monastero è fornito di un'antica biblioteca con più di settemila volumi, fra i quali si annoverano pregevoli manoscritti e stampe preziose.
Chiesa del Carmine
Posta nelle adiacenze della Collegiata della Maddalena, venne fondata per opera dell'ordine dei Padri Carmelitani nel 1568, i quali avevano allestito in quello che è l'attuale attiguo palazzo municipale un ospedale in soccorso dei viandanti in terrasanta.
La chiesa è allietata da preziose opere del secolo XVIII tra cui sono esposti all'interno due paliotti su cuoio con decorazioni floreali attribuiti al pittore Francesco Guardi (rispettivamente del S.S. Sacramento e di S. Felice), una tela raffigurante la Vergine del Carmelo fra i santi Lucia e Francesco di Paola di Pedro Torres (altar maggiore) ed una cimasa pittorica di Cristoforo Santanna, raffigurante l'assunzione di Maria. Un piccolo organo positivo del 700' di anonimo dipinto da Gennaro Cociniello adorna la cantoria.
Monastero di Colloreto
Sorge a qualche chilometro dal centro abitato, immerso nella boscaglia su di un altopiano che sovrasta la campagna circostante lo svincolo autostradale di Morano. Oggi le strutture sono dirute, ma nei secoli scorsi il monastero godette di grande prestigio e rinomanza, soprattutto a seguito delle munifiche elargizioni tributate dai fedeli e dalla nobiltà locale, fra i quali ricordiamo la principessa Erina Kastriota-Skanderbeg, moglie del feudatario Pietrantonio Sanseverino.
Il monastero di Colloreto, (la cui etimologia appare incerta e sembra derivi da Colle Loreto in onore della Vergine di Loreto, o da colorìto, termine che ne designerebbe la ridente e pacifica posizione), fu fondato dal Beato Frate Agostiniano Bernardo da Rogliano nel 1546. Egli, scelto il luogo, iniziò la sua esperienza religiosa in qualità di eremita. Successivamente, al suo seguito si aggiunsero altri uomini pii che costruirono il monastero (alcuni ritengono su dei resti precedenti), grazie alla beneficenza di numerosi oblatori. L'edificio, così come è ancora visibile, appare fortificato con un torrione, e fino ai primi dell'Ottocento anche i suoi interni dovevano apparire sontuosi e ricchi di opere artistiche, ora disseminate nelle chiese cittadine.
Il monastero divenne molto potente e quindi subì numerosi attacchi alla sua sopravvivenza, soprattutto a causa delle ingenti proprietà fondiarie che andò cumulando nel corso degli anni. Una prima soppressione avvenne nel 1751 per volere di Carlo III di Borbone che doveva sovvenzionare il Real Albergo dei Poveri in Napoli. La soppressione definitiva avvenne nel 1809 con l'avvento francese.
Oggi è divenuto una meta simbolica di escursioni sulle falde del Pollino.
Frazioni e Contrade
Campotenese
La frazione di Campotenese, è situata a 1015 metri s.l.m. e ad una distanza di 12 km dal nucleo abitativo centrale del comune.
Durante il XIX secolo vi fu eretto un forte (ora distrutto) da parte dell'esercito napoletano, nei pressi del quale avvenne nel1806 la battaglia di Campotenese fra il generale borbonico Damas ed il generale napoleonico Reynier, che vide vittorioso quest'ultimo.
Attualmente è meta di gite fuori porta vista l'amena e fresca posizione. Vi si trovano alcune aziende agricole per la produzione di latticini e carni ed un consorzio per la produzione di funghi. Ciò stimola a dare buoni segnali all'imprenditoria locale, anche in campo alberghiero-agrituristico. Rappresenta la porta naturale per il Parco nazionale del Pollino, grazie allo svincolo della A3 Sa-Rc.
Vi si è conclusa l'11 tappa del Giro d'Italia nel 1980 vinta da Gianbattista Baronchelli
Monte Sassóne
Si trova a circa 4 km dal centro abitato sulla strada provinciale che conduce al borgo di San Basile.
Potrebbe trattarsi dell'antica Xiféo, o secondo quanto afferma lo storico romano Tito Livio, della antica cittadella di Lymphaeum, coinvolta durante alcune fasi delleguerre puniche. Sta di fatto, che sull'antico monte, più simile ad un piccolo altopiano che cade a strapiombo sulla gola sottostante, vi sono ancora le tracce di due muraglioni al suo ingresso, su un piccolo sentiero che si dirama dalla strada per San Basile: questi, sono i resti di una porta che faceva breccia sull'antica cinta muraria. Essa si estendeva per circa 1.500 metri e con probabilità fu eretta dai Longobardi. Non si hanno molte notizie circa la scomparsa degli insediamenti di Sassone; talora viene ascritta la sua misteriosa fine al corso del XIV secolo.
Nel 1860 nella gola alle falde del monte è stata scoperta la cosiddetta grotta di Donna Marsilia, usata come necropoli durante il Neolitico fino all'età del bronzo. Sono state rinvenute numerose reliquie, frammenti litici ed uno scheletro: gran parte dei reperti sono custoditi al Museo Archeologico di Reggio Calabria.
Quartieri e Contrade
Centro Storico, suddiviso nei seguenti rioni[21]: San Pietro (o Castello); San Nicola (o Giudea); Maddalena (o Olmi).
Contrade e zone limitrofe: Matinàzza; Fiume; Stazione; Cerasali; Uliveto; Piana; Foce; Mazzicanìno; Don Stefano; Cotura; Pigne; Terra Rossa; Santa Margherita; San Paolo; Gonéa; Calcinaia; San Marco; San Rocco; San Giacomo; San Nicola; Sassone; Crocefisso; Campotenese; Pavone; Povelli; Campizzo; Rosole; Campolongo;
Attività museale
Museo dell'agricoltura e pastorizia. Si trova nel centro storico di Morano, nei locali di palazzo Salmena. Custodisce antichi oggetti agricoli con riferimento ai vari passaggi della storia contadina.
Museo e centro studi naturalistici "Il Nibbio". Sono custoditi reperti accurati sulla flora e sulla fauna del Parco del Pollino.
Eventi e manifestazioni
Prima domenica di maggio festa della Vergine dell'Annunziata.
20 maggio Festa del patrono San Bernardino da Siena, con processione, offerte votive e consegna delle chiavi della città da parte del sindaco.
Nel mese di maggio in occasione della festa patronale, viene annualmente svolta in più giorni la Festa della Bandiera, rievocazione storica della battaglia fra moranesi e saraceni con ricco corteo storico in costume rinascimentale, con sbandieratori e cavalieri.
Seconda domenica di giugno, Cronoscalata del Pollino.
Fra il 15 e il 16 luglio, viene celebrata la festività in onore della Beata Vergine Maria del Monte Carmelo. Nota anche come "festa dell'emigrante", questa manifestazione religiosa è divenuta nel corso degli anni un simbolo del legame fra i moranesi residenti inItalia e all'estero. A questo proposito si svolge nel pomeriggio del 15 luglio una cerimonia con offerte votive recitate in molte lingue del mondo da parte degli emigranti.
Fra luglio ed i primi di settembre ha luogo la rassegna "D'estate Morano", con l'allestimento e la proiezione gratuita di film all'aperto, serate musicali con band jazz, blues e rock, cabaret ed intrattenimento.
Prima domenica di agosto, festa della Madonna delle Nevi, in frazione Campotenese.
16 agosto Festa di San Rocco.
Prima domenica di settembre, festa della Madonna delle Grazie copatrona di Morano, con processione, offerte votive e consegna delle chiavi della città da parte del sindaco.

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