San Demetrio Corone (Shën Mitri in lingua arbëreshë[2]) è un comune italiano di 4.068 abitanti della provincia di Cosenza in Calabria.
Con un'altitudine di 521 m. s.l.m. sulle colline che dalla pianura di Sibari salgono verso la Sila Greca, affacciata sul versante destro della bassa valle del Crati.È tra i centri più importanti delle comunità arbëreshë, che conserva lalingua, i costumi, il rito greco-bizantino, la cultura e l'identità etnica propria. È sede del collegio di Sant'Adriano (1794), importante organismo religioso e culturale per la conservazione del rito greco e delle tradizioni. Il territorio, di complessivi 7.500 ettari, ha la visione della catena del Pollino.
Le quote topografiche oscillano, per la zona a sud più elevata, tra i 500 e gli 800 metri di altitudine e tra i 400 ed i 40 metri per la porzione a nord,a ridosso dell'alveo del fiume Crati. L'intero territorio è caratterizzato da un reticolo idrografico alquanto sviluppato e complesso. È solcato in senso longitudinale dal torrente Galatrella che lo delimita, marginalmente dai torrenti Mizofato e Muzzolito,più intermedi quasi tutti affluenti del fiume Crati. Nella parte sommitale, in località Buttorino, Castagna Rotonda e Poggio, la vegetazione dominante è rappresentata da numerosi castagneti che danno a questa zona un aspetto naturalistico del tutto singolare. La zona nord, invece, digradante verso la Piana di Sibari, presenta una morfologia caratterizzata dalla presenza di pianori e terrazzamenti,che si intervallano tra i numerosi torrenti e solchi erosivi.
San Demetrio Corone vanta delle origini antichissime: è stato costruito presso l'abbazia basiliana di Sant'Adriano, fondata nel X secolo da san Nilo di Rossano, tuttavia il paese ha origini ancor più antiche che risalgono agli insediamenti dei monaci greci nell’Italia Meridionale (VII secolo). Il primo nucleo abitativo aveva il nome di Situ Sancti Dimitri e nacque dopo la fondazione del monastero basiliano di Sant’Adriano. Comunque, è con l'insediamento dei monaci basiliani che, seguendo una linea di sviluppo usuale nel Medioevo, si formò un centro sempre più consistente. Testimonianza del fatto che il paese preesisteva all'arrivo dei greco-albanesi è data dalle Capitolazioni del 3 novembre1471, quando l'abate archimandrita Paolo Greco si recò presso il notaio De Angelis per rogare un atto che registrò l'impegno ad accogliere i profughi albanesi a seguito del Duca Teodoro Lopez nel casale di San Demetrio, con la facoltà di coltivarne le terre.
Nel 1524 si ebbe una nuova immigrazione in seguito alla guerra che Carlo V condusse contro i turchi: i greco-albanesi di Corone, città della Morea nel Peloponneso, vennero accolti dall'Imperatore nel Regno di Napoli e si distribuirono nei vari paesi fondati dai loro predecessori. Da qui il nome Corone che venne aggiunto al primitivo nome solo nel 1863.
San Demetrio Corone è sede del Collegio di Sant'Adriano: chiamato in origine Collegio Corsini, fu istituito da papa Clemente XII, nel 1732 a San Benedetto Ullano allo scopo di preparare il clero alla conservazione del rito greco; fu trasferito, poi, a San Demetrio Corone nel 1794 a seguito di richiesta del vescovo Francesco Bugliari. Dal 1794 la storia del territorio è profondamente legata a quella del Collegio Corsini, poi collegio di Sant’Adriano, fondato da Ferdinando IV di Borbone al posto del soppresso monastero. E divenne un importante organismo culturale nonché il primo istituto di formazione culturale in Calabria, dalle cui mura uscirono luminose figure del Risorgimento italiano, come Agesilao Milano (1830-1856) e Domenico Mauro (1812-1873), e letterati e giuristi come Girolamo De Rada(1814-1903) e Cesare Marini (1792-1865).
Da alcuni anni sono diventati famosi, in tutti i paesi arbëreshë d'Italia e soprattutto nella provincia di Cosenza, due gruppi musicali di San Demetrio Corone che suonano musica ska con testi in arbëreshë, rivisitando ritmi folk e canzoni popolari.
A San Demetrio Corone si svolge annualmente, nel secondo sabato del mese di agosto, il "Festival della Canzone Arbëreshe" diventato appuntamento insostituibile delle espressioni musicali emergenti degli italo-albanesi.
Da visitare c'è la bottega del maestro Hevzi Nuhiu, artista scultore del legno, con pregevoli opere a motivi ornamentali orientali, e, sul ripido pendio presso il torrente Sant'Elia, i resti di un piccolo santuario eremitico noto come "Grotta di San Nilo", dove si era rifugiato per pregare nel X secolo proprio il Santo San Nilo di Rossano. Il Collegio, che incorpora la chiesa di Sant'Adriano, costruita verso il 955 da San Nilo, costituisce un esempio di architettura normanno-bizantina. Da vedere anche i costumi o le bambole artigianali col caratteristico costume albanese.
Durante la commemorazione dei defunti, suggestiva è la visita dei sacerdoti (papàdes) presso le famiglie, per procedere alla benedizione delle "panagie" (mensa con vino, pane, grano bollito e una candela sovrapposta al centro), simboli della resurrezione dei corpi e dell'immortalità dell'anima.
È consuetudine, da tradizione, fra la notte di Sabato e Domenica della Settimana Santa (Java e Madhe), recarsi alla fontana dei monaci (pusi) presso il Collegio di San Adriano, per perpetuare il rito del rubare l'acqua. Di solito ci si reca a gruppi, in tutto silenzio, secondo una regola cui non si deve trasgredire, anche se le tentazioni non mancano. E proprio in difesa di questa regola che ci si reca di "dokaniqie", lungo bastone con l'estremità biforcuta. Qui si procede all'accensione di un grande falò (qeradonulla) davanti al sagrato della chiesa. Al momento dell'accensione si inneggia il canto greco "Kristos Anesti" (Cristo è risorto).
Il 26 ottobre cade la festa del santo patrono, e per tre giorni si tiene la fiera. La tradizione vuole che il giorno della vigilia, dal portone principale della chiesa, esca il "cavallo di S. Demetrio" (kali i Shèn Mitrit), sorretto alle spalle da due persone. È realizzato in cartapesta e gira casa per casa, portando messaggi augurali e ricevendo in cambio danaro, vino o altro. Il mercoledi delle Ceneri, durante il carnevale, viene svolto il funerale di "Nikolla", un vecchio vestito di stracci con a seguito vari personaggi. Subito dopo entrano in scena i diavoli (djelzit), coperti di pelle di capra.